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Bussana Vecchia: da borgo fantasma a villaggio degli artisti

 

Bussana Vecchia è la storia di un dramma che diventa opportunità.

La storia dell’incredibile resurrezione di un borgo che ogni anno attrae migliaia di turisti.

Scoprila in questo articolo, ti verrà voglia di essere uno di loro

Mezzo minuto

23 febbraio 1887, Mercoledì delle Ceneri. In una manciata di secondi la Natura ricorda all’uomo quanto è piccolo di fronte alla sua potenza.

L’intera Liguria di Ponente e la parte iniziale della Provenza vengono colpite da un violento terremoto che semina ovunque terrore, morte e distruzione.

A Diano Marina le vittime sono 192, a Baiardo addirittura 226; quasi tutti i paesi dell’entroterra devono patire penosi lutti.

A Bussana perdono la vita 55 persone su 820, circa il 7% della popolazione. E’ l’unico paese che dovrà essere completamente abbandonato, diventando un villaggio fantasma.

Mezzo minuto per cancellare la storia di un borgo nato nel Medioevo in una zona dove la presenza dell’uomo si perde nell’oscurità della Preistoria.

Le origini di Bussana Vecchia

Nel Paleolitico medio i cacciatori neandertaliani frequentavano già la grotta dell’Arma, situata sul mare a meno di un paio di chilometri in linea d’aria da Bussana Vecchia. Stiamo parlando, pensate, di circa 100.000 anni fa!

Oggi questa grotta ospita la deliziosa chiesetta dell’Annunziata, sormontata dalla grande fortezza costruita nel Cinquecento per contrastare le incursioni dei pirati barbareschi.

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I Liguri e i Celto-Liguri si insediarono in seguito sulla collina dietro la grotta, costruendo forse degli insediamenti fortificati chiamati “castellari”. Questa zona viene identificata appunto con il nome di “Castelletti”.

La successiva presenza romana è testimoniata dalle interessanti rovine di una villa rustica a Capo Marine, dove sorge l’attuale Bussana “nuova”. Si trovano proprio sotto la frequentatissima pista ciclabile che ha sostituito la ferrovia.

Dopo il crollo dell’ Impero Romano arrivarono le invasioni barbariche, seguite da quelle dei Saraceni che probabilmente usarono la grotta dell’Arma come covo. La popolazione si allontanò dalla costa, divenuta troppo pericolosa, e si disperse fra le prime colline della valle Armea.

Intorno all’anno Mille questo angolo di Liguria entrò a far parte di un sistema feudale che garantiva una certa stabilità. Gli abitanti della zona decisero quindi di riunirsi e chiedere in concessione terre da coltivare. Per difendersi meglio concentrarono le loro abitazioni intorno a un antico castello dei Conti di Ventimiglia, posto su una collinetta rocciosa protetta su tre lati da strapiombi.

Nasceva così quella che oggi conosciamo come Bussana Vecchia, chiamata all’epoca “Buzana”.

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Nel 1261 Bussana venne venduta dai Conti alla Repubblica di Genova e ne seguì le sorti senza particolari stravolgimenti fino al periodo napoleonico e alla successiva annessione al Regno di Sardegna, poi Regno d’Italia.

Un paese tranquillo

Il borgo si sviluppò nei secoli come tanti paesi dell’entroterra ligure. Il relativo isolamento determinava una crescita lenta ma armonica e favoriva il senso di appartenenza alla comunità. Per dare lustro al paese, tutti gli abitanti si impegnavano nella costruzione di edifici pubblici di valore. 

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La chiesa parrocchiale, ad esempio, mantiene ancora intatti i segni di una sobria ma ricercata bellezza nonostante i danni del terremoto. Lo stesso discorso vale per l’Oratorio di San Giovanni Battista che custodiva una preziosa “Nascita di San Giovanni Battista” del pittore calabrese Mattia Preti. (Il quadro si salvò dal sisma, si può ancora nella grande parrocchiale di Bussana nuova)

Nell’Ottocento le condizioni di vita migliorarono ulteriormente. Anche Bussana venne toccata dalla nuova mentalità proveniente dalla Francia che eliminava antichi privilegi dando impulso alla voglia di muoversi e di fare impresa. Furono realizzate importanti opere pubbliche, in particolare un complesso acquedotto che risolveva l’annoso problema del rifornimento idrico. Il paese sembrava quindi essere proiettato verso la modernità.

Fino a quel maledetto 23 febbraio 1887.

Cronaca di una tragedia

Sono le sei e ventuno del mattino, Angela Torre è in chiesa per la funzione del Mercoledì delle Ceneri. Ha vent’anni e una vita davanti. Pochi istanti prima ha confidato ad un’amica di essersi fidanzata con un ragazzo del paese. Si sente un rumore simile a un vento fortissimo, tutto inizia a tremare. Don Lombardi capisce immediatamente e grida: “Il terremoto!”. 

Tutti i fedeli corrono verso le cappelle laterali, salvandosi. Angela non fa in tempo. La sua giovane vita si spezza nello schianto della volta della chiesa.

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Insieme ad Angela morirono altre due persone, tutte le altre vittime vennero sorprese nelle proprie abitazioni, nel sonno oppure occupate nei primi gesti della giornata. La parte alta del paese, le Rocche, divenne in pochi istanti un cumulo di macerie.

Le scosse più importanti furono tre. La prima delle sei e ventuno causò i danni maggiori e durò circa mezzo minuto. Ne seguirono un’altra alle sei e trenta e una alle otto e cinquantuno.

La prima raggiunse il IX-X grado della scala Mercalliche non sarà precisa come le scale moderne basate sulla magnitudo ma rende molto meglio l’idea

IX – Rovinosa: Rovina totale di alcuni edifici; molte vittime; lievi crepacci nel suolo.

X – Disastrosa: Crollo di parecchi edifici; numerosissime vittime; evidenti crepacci nel terreno.

I soccorsi non tardarono ad arrivare per i mezzi dell’epoca, ma non mancarono neppure le polemiche. Dopo poche ore venne mandato un reparto del 26° reggimento dell’esercito di stanza a Sanremo, comandato dal tenente Mattei. I militari chiusero l’accesso al paese per motivi di sicurezza ma, come dimostrarono molti salvataggi “abusivi” avvenuti nonostante il divieto, probabilmente si sarebbero potute salvare molte più vite con un atteggiamento meno intransigente.

Le cronache dei momenti successivi alla tragedia, narrate nei resoconti del parroco, sono davvero strazianti.

Un paese destinato all’oblio

Furono sufficienti pochi giorni per capire che oltre ai lutti c’era un’altra tragedia da affrontare: il paese non poteva più essere recuperato. Andava abbandonato e ricostruito completamente in un altro luogo.

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La zona prescelta fu Capo Marine, dove la collina che ospita Bussana Vecchia ha la sua naturale prosecuzione formando un falsopiano a pochi metri sul livello del mare. La ricostruzione e la graduale migrazione durarono sette anni, passati da molti dei superstiti prima in tende e poi in una baraccopoli o in case di fortuna. In quei giorni difficili don Lombardi fu il vero punto di riferimento della comunità martoriata.

La nuova Bussana era un paese completamente diverso dal borgo medievale abbandonato, con lo stile pulito e ordinato tipico della fine dell’OttocentoNel 1901, sempre per l’incredibile opera di don Lombardi, venne terminata la nuova chiesa, l’imponente santuario del Sacro Cuore simbolo della rinascita.

Ma questa è un altra storia.

Bussana Vecchia diventa a quel punto un paese fantasma, una ghost town ligure popolata dai gatti e dagli spettri di una tragedia. Un luogo dimenticato per molto tempo.

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A volte basta una felice intuizione

Passano circa cinquant’anni, in Italia è in atto la grande migrazione interna tra sud e nord. Alcune famiglie provenienti dal meridione, spinte dalla penuria di case, cercano riparo nella città abbandonata. La permanenza dura però molto poco perché il Comune di Sanremo, che durante il fascismo ha inglobato quello di Bussana, le fa sgomberare per motivi di sicurezza, offrendo loro una casa nel paese ricostruito.

L’unico abitante rimane Ottavio Baicchi, che abita con la moglie in una casa-osteria fuori dalla zona a rischio crolli. Ottavio è un toscanaccio di mentalità aperta: ama vivere libero offrendo un bicchiere di vino e qualche prodotto della terra ai pochi turisti curiosi. E’ l’oste improvvisato del borgo fantasma di Bussana Vecchia.

Tra gli anni Cinquanta e i Sessanta uno degli avventori abituali diventa Mario Giani, in arte Clizia. E’ ceramista e pittore, torinese di nascita ma sanremese di adozione. Clizia inizia a frequentare assiduamente il borgo e per alcuni periodi si ferma riadattando un’abitazione abbandonata.

Il luogo così incontaminato e lontano dal caos della società del boom economico gli fa venire un’ idea interessante: Bussana Vecchia avrebbe tutte le carte in regola per diventare una Comunità Internazionale di Artisti.

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Tra i primi ad abbracciare l’idea sono il pittore Vanni Giuffré e il poeta Giovanni FronteTra mille difficoltà, mancano luce, gas e acqua corrente, arrivano altre adesioni.

Gli artisti iniziano così a ricostruire le case usando i materiali di recupero e rispettando il più possibile l’atmosfera del borgo.

Clizia scrive addirittura un codice per la comunità, dove sostanzialmente gli artisti si considerano ospiti temporanei e non proprietari delle case che restaurano. Occupano le abitazioni solo per poter lavorare, se abbandonano il paese queste tornano alla comunità, che le assegna ai nuovi arrivati. In un ottica di proprietà comune è anche proibito vendere le proprie opere.

Il progetto è coraggioso ma forse un po’ utopico e decolla solo parzialmente, ma ha il merito decisivo di far rinascere Bussana Vecchia.

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La fama internazionale e la ricerca di un’identità

Dopo pochi anni Clizia parte verso una nuova avventura e il nuovo punto riferimento diventa Vanni Giuffré. 

Sono gli anni della svolta vera e propria. Il borgo di Bussana Vecchia diventa famoso grazie a eventi artistici, musicali e culturali che lo fanno conoscere in tutto il mondo.

La Comunità lentamente si allarga e viene fondata una galleria comune dove è possibile vendere quadri, sculture, installazioni.

L’aumento dell’afflusso di artisti, ma soprattutto di turisti, finisce per trasformare Bussana. Gradualmente l’idea comunitaria lascia spazio alla creazione di singole botteghe completamente autonome.

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Negli anni Settanta, dopo molto penare, arrivano finalmente gli allacciamenti di acqua, luce, gas. Nasce anche il primo locale pubblico all’interno del villaggio.

Gli artisti intanto continuano ad avvicendarsi e con essi le nuove iniziative.

Nel 1977 viene creato un Comitato del Borgo. Al paese serve un organismo ufficiale per cercare di risolvere i problemi determinati dalla natura giuridicamente complessa di Bussana Vecchia. In particolare per gestire il confronto ormai inevitabile con il Comune di Sanremo. Emerge così la necessità di inserire nell’agenda comunale il futuro urbanistico del paese e viene proposto di indire un concorso di progetti architettonici

Il 1 febbraio 1983 viene emanato il bando ufficiale. I progetti presentati per la definitiva sistemazione di Bussana Vecchia sono ben 18 e alla fine, nel 1986, viene proclamato vincitore quello denominato “Le Citta invisibili”. Sono passati quasi trent’anni ma non è stato mai attuato.

A inizio anni Ottanta alcuni artisti lanciano l’idea di creare una cooperativa di lavoro strutturata. E’ una specie di versione moderna dell’idea di Clizia, ma anche questo nuovo progetto ha vita breve.

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Bussana Vecchia oggi

Negli ultimi decenni Bussana Vecchia ha continuato a mantenere intatta la sua attrattiva turistica.

Il fascino del borgo è incredibile perché le vicende che ha attraversato lo hanno trasformato in un luogo unico. Chi lo visita per la prima volta non può non rimanerne stregato.

La sensibilità nel recupero delle strutture ha fatto si che l’orologio della storia si sia veramente fermato a fine Ottocento, a Bussana Vecchia si fa davvero un passo indietro nel Tempo.

In particolare si avverte un equilibrio di altri tempi tra la natura e l’opera dell’uomo, toccata dalla modernità in modo completamente diverso rispetto agli altri posti: sembra quasi che le due parti abbiano fatto pace dopo il grande schianto.

La bellezza del borgo si respira girando ogni angolo ed è ancora più intensa perché convive sempre con elementi che riportano alla mente il disastro del terremoto. Si sente cioè ad ogni passo di essere capitati in un luogo che ha superato una tragedia immane, rinascendo di fatto a nuova vita e a una nuova dimensione.

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Il paese è popolato di botteghe di artisti e negozi artigianali, sono presenti anche piccoli e caratteristici locali dove potrete ristorarvi.

Vi segnalo però due posti particolari.

Uno è la casa che ospita uno spettacolare plastico ferroviario su più livelli, fra i più grandi d’Italia. Riproduce la vecchia ferrovia costiera ormai abbandonata: su questa pagina facebook potete trovare informazioni sugli orari.

L’altro, di fianco alla chiesa grande, è il Giardino tra i ruderi, una splendida serie di terrazze piene di bellissime piante grasse da dove ho scattato alcune delle foto di questa pagina. Luisa vi guiderà con la sua simpatia in questo imperdibile angolo di Bussana Vecchia da cui si ammira un panorama incredibile. E’ presente anche un piccolo museo dedicato al grande storico bussanese Nilo Calvini.

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Alcune immagini dal “Giardino tra i ruderi”

Un consiglio 

Quando salirete a Bussana Vecchia ricordate che il passatempo più divertente da praticare nel paese è perdersi.

Esplorate ogni caruggio che vi si apre davanti, salite le scalinate, sedetevi nel grande prato. Vedrete che ad ogni angolo farete una scoperta e vi verrà voglia di tirare fuori la fotocamera.

Quando avrete finito di perdervi ritroverete sicuramente la strada e tornerete a casa soddisfatti.

Spero che questo articolo vi sia piaciuto, se è così non dimenticate di lasciare un like e, se vi va, un commento!

Io intanto Vi saluto e Vi do appuntamento al prossimo Tesoro del Ponente e buona visita a Bussana Vecchia!