Luoghi da visitare

VALLORIA : IL PAESE DELLE PORTE DIPINTE

Vediamo se indovinate: dove si possono ammirare 150 opere artistiche senza pagare il biglietto?

No, non è una mostra, siete decisamente fuori strada. Come? Un’asta di oggetti preziosi? No, neanche quella.

Una chiesa particolarmente importante? Direi che siamo ancora lontani. Ok, se vi arrendete ve lo dico io.

E’ il museo a cielo aperto ricavato nel pittoresco paese di Valloria, a pochi chilometri da Imperia.

Da più di vent’anni artisti da tutto il mondo vengono a decorare le porte del borgo su invito degli abitanti e col passare del tempo si è creata una collezione straordinaria, visibile liberamente di giorno e di notte.

Ogni anno il numero delle porte dipinte aumenta: nel 2016 è stata raggiunta appunto la cifra tonda di 150.

Andiamo a scoprire di più su questo incredibile paese!

Valloria è una frazione del Comune di Prelà, nella parte alta della Val Prino.

Sembra che il suo nome derivi da Vallis Aurea, Valle dell’Oro, in riferimento all’olio extravergine di altissima qualità prodotto da secoli in questa zona coltivando le olive taggiasche.

In effetti il paese si raggiunge lasciandosi alle spalle il mar Ligure e immergendosi letteralmente in un mare di ulivi, che domina il paesaggio ricoprendo interamente le colline.

La protezione fornita dalla bastionata formata dai monti Faudo, Arbozzaro e Moro, a un passo dalla costa, garantisce tra l’altro un microclima gradevolmente mite.

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Nel Medioevo il territorio del Comune di Prelà detiene il nome suggestivo di Contea di Pietralata, e fa parte dei possedimenti di un ramo dei Conti di Ventimiglia.

Curiosamente sono gli stessi nobili che abbiamo incontrato a Bussana Vecchia, altro paese legato all’arte.

Nei  secoli successivi i Savoia riescono ad accaparrarsi la zona, con grande disappunto della Repubblica di Genova, e la mantengono fino alla creazione del Regno d’Italia.

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Valloria rimane sempre ai margini dei grandi avvenimenti ricordati nei libri. La sua storia è quella del lavoro dei suoi abitanti e delle loro tradizioni, una storia ricca di aspetti interessanti come quello della migrazione delle “Garessine“.

L’economia basata sull’olivicoltura e il lavoro agricolo in genere era caratterizzata da periodi dell’anno in cui la domanda di lavoro era superiore all’offerta locale. Soprattutto alla fine dell’autunno quindi, durante la grande raccolta delle olive, venivano fatte lavorare molte ragazze provenienti dal basso Piemonte, in particolare dalla zona di Garessio in Provincia di Cuneo.

Molto spesso queste ragazze finivano per rimanere in Val Prino, trovando marito e facendosi una famiglia: è uno dei tanti esempi del fortissimo legame sociale e culturale tra il Ponente Ligure e il Piemonte, collegati un tempo dalle famose Vie del Sale che negli ultimi anni si stanno riscoprendo.

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Forse legata alla penuria di forza lavoro è anche la curiosa tradizione dello “Spaudo“.

Se un forestiero voleva prendere in moglie una ragazza di Valloria, era obbligato a versare un risarcimento in denaro al paese, altrimenti il matrimonio non si poteva celebrare. Negli ultimi decenni la tradizione si è mantenuta, ma il simbolico versamento ha perso la sua natura un po’ antipatica di indennizzo ed è utilizzato per fare festa con gli sposi.

Col passare dei secoli, inevitabilmente, la modernità viene a turbare la tranquilla esistenza di Valloria.

Alla fine dell’Ottocento la costa inizia progressivamente a industrializzarsi; il miraggio o la realtà di una vita meno dura in città diventano irresistibili e ha inizio un lento abbandono delle campagne della vallata. Questa tendenza, inizialmente debole, diventa un vero e proprio esodo nel secondo dopoguerra.

Valloria passa nel giro di due secoli da più di 300 a circa 30 abitanti.

Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso il paese è vicino al completo abbandono.

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Se sono ancora qui a raccontarvi di Valloria è solo grazie ai suoi abitanti, che hanno ereditato dai loro antenati la forza di non arrendersi facilmente alle circostanze negative.

Già qualche secolo prima infatti i Valloriesi avevano dovuto reagire ad un altro grave problema: il sottosuolo era povero d’acqua, la raccolta da piccoli ruscelli o da vasche aperte causava gravi problemi igienici e spesso addirittura epidemie di malattie gravi come il colera, un tempo quasi sempre mortali. La situazione in alcuni periodi dell’anno era insostenibile.

A inizio Settecento, attraverso un sapiente sistema di sfruttamento dei dislivelli del terreno, con l’utilizzo di cisterne chiuse, muri a secco e tubi in piombo, viene creato un lungo acquedotto che porta acqua pulita in un invaso direttamente nella piazza del paese. Un piccolo capolavoro ingegneristico basato sulla conoscenza del territorio e sulla manualità, completato in seguito dalle tre fontane che vediamo oggi.

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Alla fine degli anni Ottanta a salvare il paese non è il flusso dell’acqua, ma quello altrettanto importante delle idee e della passione.

Un gruppo di ragazzi di Valloria, alcuni “emigrati” in città, iniziano a riunirsi  per cercare soluzioni ed evitare che il loro paese finisca nel dimenticatoio della storia.

Nel 1991 nasce così l’Associazione Amici di Valloria – Le tre Fontane e si iniziano a pianificare alcuni progetti.

La prima idea è attrarre gente nel periodo estivo con una sagra.

Valloria non ha una piazza abbastanza grande per una manifestazione di questo genere ma spesso i problemi non sono altro che l’inizio di una soluzione alternativa, in questo caso davvero vincente.

Gli organizzatori decidono infatti di realizzare la sagra non dentro il paese, ma adattando alcune fasce di terreno interamente coperte di ulivi appena fuori dall’abitato.

Immaginate l’atmosfera di una fresca serata estiva con musica e tavole imbandite nel bel mezzo di un uliveto! Anzi, non limitatevi all’immaginazione, andate a verificare di persona: la sagra si ripete ogni anno dal 1991 nel primo week end di luglio e da alcuni anni viene bissata nel primo fine settimana di agosto.

Lo slogan “A Valloria fai baldoria!” è ormai conosciuto anche al di fuori della Provincia di Imperia e col passare degli anni il successo della manifestazione continua ad aumentare.

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La seconda idea dell’ Associazione è strettamente legata al recupero della memoria.

Nel 1994 gli Amici di Valloria restaurano l’Oratorio di Santa Croce, in completo abbandono, e lo trasformano in un “Museo delle Cose Dimenticate“. In maniera simile al museo etnografico che avevamo visitato a Triora, questo spazio raccoglie oggetti della vita di un tempo ormai praticamente inutilizzati.

Sono raccolte che hanno un grande valore culturale e soprattutto i più piccoli andrebbero portati a fare una visita.

Qui a Valloria la collezione è impreziosita da alcune opere di un geniale artigiano autodidatta del paese, Giacomo “Minetto” Pisani.

Dotato di una manualità fuori dal comune e amante della musica, era riuscito con materiali di riuso a costruirsi un violino, una macchina fotografica e un complicato strumento musicale simile ad un organo, chiamato “ripercussia” per la particolare forma di ripetizione del suono che emetteva quando venivano premuti i tasti.

A far conoscere Valloria nel mondo sarà però una terza idea davvero particolare.

A partire dagli anni Settanta si era diffusa la pratica di abbellire i paesi dell’entroterra con alcuni murales, girando per le colline se ne trovano alcuni anche di ottima fattura.

I ragazzi di Valloria hanno una pensata decisamente più originale: invece di decorare un muro perché non far dipingere le porte di stalle, cantine, magazzini, magari proprio quelle più rovinate dal passare del tempo? All’inizio convincere gli artisti non è per niente semplice, alcuni di loro avranno pensato che i Valloriesi avessero bevuto troppo…

Dopo i primi lavori però ci si accorge che l’idea non è solo originale ma anche molto interessante sotto il profilo artistico.

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Gli Amici di Valloria infatti danno carta bianca agli autori, con il risultato di creare progressivamente una differenza di stili veramente notevole che abbraccia tendenze artistiche molto diverse tra loro.

Si passa dall’ Impressionismo, all’Astrattismo, dalla Pop Art al Simbolismo, ma non mancano anche paesaggi tradizionali o porte trasformate in sculture.

Anche i temi toccati sono diversissimi tra loro, ogni porta racconta una storia diversa anche se spesso è chiara l’intenzione dei pittori di omaggiare il paese e la sua storia.

Il richiamo del museo a cielo aperto aumenta e col passare degli anni l’Associazione non deve più preoccuparsi di cercare gli artisti, perché sono in molti a proporre la propria candidatura. Il primo fine settimana di luglio, in occasione della sagra, vengono presentate le porte reinventate durante l’anno: nel 2016 sono state due.

Come vedrete, le varie opere riescono a fondersi in modo davvero armonico con le architetture medievali del borgo antico, dando luce e nuova vita a caruggi, piazzette, scalinate.

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L’idea delle porte dipinte ha indubbiamente avuto il merito di far conoscere il paese in tutto il mondo, creando un flusso turistico che lo ha in qualche modo salvato.

Turisti da tutta Europa e non solo vengono a vedere Valloria e i paesi della Val Prino, rimanendo innamorati del luogo e dei suoi prodotti, magari portandosi a casa una bella bottiglia di olio.

Le porte di Valloria hanno addirittura fatto scuola: il comune francese di Tourrettes sur Var, dietro Nizza, ha infatti da pochi anni iniziato a copiare l’esempio del borgo ligure, dove i francesi in visita sono tra l’altro sempre numerosi. Nel 2015 due artisti d’ Oltralpe sono stati invitati a decorare due porte di Valloria in una sorta di gemellaggio.

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Venire a Valloria significa anche avere la possibilità di fare rilassanti passeggiate tra gli ulivi, con splendidi panorami sulle colline e il mare. Tra i vari centri abitati si incontrano caratteristici edifici di culto, edicole votive, fontane. Salendo di quota, dopo gli ulivi e i castagni, non è raro imbattersi nelle “caselle“, piccoli ricoveri in pietra costruiti dai pastori.

Vi invito a visitare anche la chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, che custodisce un delicato polittico di Agostino da Casanova e Stefano Adrechi.

Una piccola curiosità: sulla sinistra del particolare potete vedere un cardellino, secondo la tradizione si ferì cercando di levare una spina dalla corona di Cristo e da quel momento questi uccelli hanno una macchia rossa sul capo. Dalla parte opposta del trono è presente un teschio, altro simbolo della Passione: la pacata scena familiare entra quindi quasi in contrasto con i simboli terribili della missione del Bambino.

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Al di là di qualsiasi retorica vi assicuro che a Valloria troverete soprattutto un’atmosfera rilassata e una grande ospitalità.

Un po’ come in Blade Runner ho visto cose che voi “cittadini” non potreste immaginarvi…

Auto che non ti suonano quando entri all’ultimo momento in un parcheggio senza mettere la freccia. Ragazzini che giocano liberamente a pallone in piazza e nei vicoli. Bambini che ti portano a vedere le nuove porte dipinte. Proprietari del bar che per farti fotografare la porta la chiudono rimanendo al buio…

Un grazie particolare voglio rivolgerlo ai membri dell’Associazione Amici di Valloria, che mi hanno dedicato la loro attenzione nel bel mezzo dei preparativi per la sagra, e al signor Francesco che mi ha mostrato la collezione del museo etnografico.

Credo che quello che hanno fatto in questi anni possa davvero diventare un esempio per molte comunità sia dell’entroterra che della costa.

Per qualsiasi informazione il loro sito è : http://www.valloria.it/index.html

Se questo articolo vi è piaciuto lasciate un mi piace e magari un commento, ma soprattutto andate al più presto a conoscere personalmente Valloria e i suoi abitanti.

Vi lascio con un piccolo video su altre porte del paese e vi do appuntamento al prossimo Tesoro del Ponente!

 

Per raggiungere Valloria:

Uscite dall’Autostrada dei Fiori al casello di Imperia Ovest.

Invece di proseguire dritti per la costa, girate subito a destra alla rotonda e seguite le indicazioni per Dolcedo.

Dopo aver attraversato l’abitato di Dolcedo prendete a sinistra per Molini di Prelà e Valloria.

 

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